Sabina, che unì i sordociechi italiani con un Filo d’Oro

Sabina Santilli è una bambina davvero molto intelligente. Ha imparato a leggere e scrivere già all’asilo, e ora è pronta per la scuola. E’ il 1922. Sabina inizia la prima elementare a San Benedetto dei Marsi, in Abruzzo, il paesino in cui vive. Dopo soli tre mesi viene promossa alla classe successiva. Nel tempo libero Sabina cuce e lavora a maglia, da grande vuole fare la sarta.

E’ il 1923, è la settimana di Pasqua. Sabina non sta bene, ha mal di testa e mal di denti. Si tratta di meningite. «La sera del Giovedì Santo, dal letto di mia mamma diedi un ultimo sguardo attorno. L’indomani mattina, Venerdì Santo, udii l’ultimo grido, seguito da una sbattuta di porta. Da allora niente più. Fu il buio pesto senza una voce». Sabina ha 7 anni, ha perso la vista e l’udito. Si ritrova sordo cieca.

Da subito ha un obiettivo: non il risarcimento, ma la parità con gli altri. Fa le cose che faceva prima, solo in modo diverso. Cuce i vestiti alle bambole, lava i piatti, prepara la frutta. A 10 anni torna a scuola: è la prima alunna dell’Istituto per ciechi Augusto Romagnoli a Roma. Impara il metodo Malossi per non parlare e il Braille per leggere e scrivere.

Tornata a casa, ormai adulta, Sabina decide di mettersi in contatto con altre persone sordocieche. Sono gli anni ‘40: senza social, senza internet, senza telefono, Sabina scrive lettere. Inventa una speciale piegatura della carta per essere più veloce e trova “i grandi sconosciuti” sparsi in Italia, spesso nascosti nei ricoveri. Spiega come stirare o coltivare fiori, perché essere cieco e sordo non è la fine del mondo. Dal suo paesino dell’Abruzzo, crea una rete di 56 sordociechi. 

E’ il nucleo per dar vita a un’associazione nazionale: il 20 dicembre 1964 nasce la Lega del Filo d’oro. Perché Sabina ne sia presidente, bisogna trovare una strada legale: per la legge è incapace di intendere e di volere. Il notaio la equipara a uno straniero, che ha bisogno di un’interprete. Sabina diviene la prima sordocieca italiana a stipulare un atto legale e assumere una carica sociale. Nel 1993 invia un’annotazione al Comitato delle persone sordocieche: «una precisazione: in buon italiano non si usa dire sempre “persone sordocieche”, perché si sa che i sordociechi sono persone». Muore nel 1999, a 87 anni, nel suo paese d’origine, dopo 80 anni di sordocecità.