Sono incappata su Instagram in un estratto del video che qui posto integralmente (è in inglese ma ha i sottotitoli ed è abbastanza facile da seguire) e data la tematica mi sono fermata. Racconta di una insegnante disabile, nello specifico con acondroplasia – quello che comunemente si chiama nanismo – che entra in classe e suscita l’ilarità degli studenti.
Onestamente la reazione dei ragazzi mi sembrava un po’ sovradimensionata: posso aspettarmi qualche risatina, qualche sguardo strano, magari una battuta fuori luogo, ma l’esplicita maleducazione che si vedeva in questo video appariva come una esagerazione cinematografica.
Il video non proseguiva benissimo, con l’insegnante che fa fare a degli adolescenti – siamo evidentemente in una scuola superiore – un gioco da terza elementare e i ragazzi, supponenti e sgarbati fino a un attimo prima, che ne sono entusiasti come di fronte a sessione di shopping su Amazon.
Tutto un po’ assurdo.

Però erano solo un paio di minuti, avevo troppi pochi elementi di analisi e quindi ho guardato l’intero video pensando che magari sbagliavo ad averne una impressione così negativa.
SPOILER: non sbagliavo.
Scivolare nei luoghi comuni sulla disabilità
Questo video in meno di 15 minuti riesce a diventare un concentrato di luoghi comuni che possiamo riassumere in: “è arrivata la persona disabile ed è stata più brava di tutti, che bella cosa!”.
Praticamente il messaggio che arriva è opposto a quello che -immagino – si voleva dare: invece di raccontare una storia di inclusione ne arriva una basata sulla “forza morale” delle “persone speciali”, qui definite “uniche” ma il concetto è lo stesso. Un condensato di inspiration porn insomma (se non sai cosa significa questa espressione di rimando a questo articolo https://www.storiecocciute.it/…/stella-young-e-la-sua…/)
E’ più difficile gestire una classe per una insegnante disabile?
In sintesi la vicenda è questa. In una scuola c’è una classe di ragazzi difficili che fanno scappare gli insegnati (sospendo qualsiasi giudizio sulla questione se no questo articolo diventa un romanzo). La preside presenta una nuova insegnante e già alcuni colleghi la guardano con diffidenza per via della sua statura fuori norma.
Già qui c’è una forzatura: davvero fatico a credere che si consideri una persona non all’altezza di insegnare (sì il gioco di parole è voluto) per una caratteristica fisica, visibile indubbiamente ma non così impattante. E’ vero che il nanismo è una di quelle disabilità che accentuano l’infantilizzazione delle persone disabili, quindi serviranno magari strategie diverse di gestione della classe… ma qual è il problema di insegnare matematica? Non si sa.
Però la parte deludente non è questa; c’è di peggio. Quando l’insegnante entra in classe, la storia diventa surreale. Inizia a insegnare la matematica con dei giochi da bambini. Letteralmente. Lancia una palla da spiaggia ai ragazzi con delle cifre scritte sopra e chi la riceve deve leggere due numeri e fare la moltiplicazione. Tipo “7×3… 21!” “Bene, bravi” “Evviva, voglio giocare ancora”.
Imbarazzante.
Storia simile in cortile, dove i ragazzi saltellano su numeri scritti a terra, stile campana, risolvendo operazioni.
Un’altra insegnante palesa il suo stupore per il metodo; “meno male!” penso io, qualcuno si è accorto. Invece no, il problema è che non va bene divertirsi quando si studia.
Livello: Signorina Rottenmeier di Heidi.
Finale: commozione per le persone speciali “mode on”
Alla fine, come già si intuiva, gli studenti che palleggiano e saltellano risultano i migliori della scuola agli esami e la protagonista si schernisce dicendo “ESSERE UNICI E’ UNA BUONA COSA”. Tutti applaudono.
Sì, giusto, l’unicità di ciascuno di noi è da valorizzare. Qui invece arriva il messaggio: anche chi è diverso può riuscire a fare bene. Certo, di cosa ci si dovvrebbe stupire?
Morale – errata – del video: chi avrebbe mai detto che l’insegnante disabile sarebbe stata la più brava di tutti!
Ora, io lo so di essere un po’ rigida quando si tratta di narrazione della disabilità, ma questo NON è il modo il cui si racconta l’inclusione.
PS: Alla fine, l’insegnante che si lamentava applica nella sua classe il metodo del lancio della palla per le moltiplicazioni. Temo per i risultati accademici di quei poveri ragazzi. Qualcuno li salvi.