Richiamare la legge 104 per deridere qualcuno per ciò che dice o per come si comporta non è una battuta.
Partiamo con una premessa: adoro l’ironia, ritengo sia una delle forme più intelligenti di comunicazione e penso si possa scherzare su tutto. Guerra, povertà, morte… figuriamoci quindi la disabilità. Conosco una famiglia nella quale sia il padre che il figlio hanno una diagnosi e si dicono l’un l’altro frasi come “ma sta zitto tu, che c’hai la 104!”.
Quindi sì, si può ridere del fatto di essere fra i destinatari della legge principale che tutela i diritti delle persone con disabilità, a patto però che si sappia di cosa si stia parlando e ci sia un motivo per cui lo si sta facendo.
Troppo spesso, invece, un motivo valido non c’è.
L’abitudine troppo diffusa di utilizzare il richiamo alla 104 per etichettare qualcuno come “stupido” è passata dal fastidioso all’intollerabile. E’ ormai comune trovare commenti sotto post social del genere “per quello che dici ti dovrebbero dare la 104 ad honorem”.
No non va bene, per niente.
Qui non si tratta di ironia né di battute. Tantomeno di satira, chiamata sempre in causa quando non si sa come difendere la propria posizione. Qui c’è un concentrato di supponenza e arroganza, condito con un po’ di maleducazione, per cui ci si permette di dare dello stupido a chi non la pensa come noi. E già che si è arrivati fino a quel punto, si passa a fare l’equivalenza stupido = disabile. A quel punto il passo alla “battuta” (rigorosamente fra virgolette) sulla 104 è breve.
Ci sono però talmente tante cose sbagliate che si fa fatica a elencarle.
Per rompere le regole bisogna prima conoscerle
Intanto, la regola alla base di una battuta di spirito è la conoscenza dell’argomento di cui si sta trattando, per poi stravolgerlo in modo ridico o capovolgerlo in modo paradossale. Ma se non si sa di cosa si parla, si dicono assurdità che possono diventare offensive.
L’errore più grave di frasi del genere che abbiamo appena visto consiste nel tentativo di offendere qualcuno dandogli del “disabile”. Per fare un esempio parallelo e sicuramente comprensibile a molti, è come cercare di offendere qualcuno dandogli dell’omosessuale. Cosa che, ovviamente, non è un’offesa. Si può scherzare su chi è omosessuale? Ovviamente sì, come su chiunque altro… ma non usando la parola come offesa.
Poi c’ il problema, secondario ma esplicativo dell’ignoranza in materia, di non considerare che sotto la 104 rientrano tutte le tipologie di disabilità, non solo quelle cognitive. Usare il richiamo alla 104 per sottolineare l’incapacità (a detta di chi offende) di qualcuno di comprendere un dato argomento, significa non considerare che sono persone disabili anche coloro che hanno perso un arto oppure sono cieche. In che modo queste forme di disabilità influiscono sulle capacità intellettive? Nessuno. Quindi la battuta non ha alcun senso.
Che poi – sottolineiamolo – non avrebbe senso neppure riferendosi a chi ha limitate capacità cognitive. Perché non c’è nulla di divertente nell’usare una persona come paragone per far sentire inferiore qualcun altro.
No, questa non può essere considerata una battuta.
“Avere la 104” rischia di diventare un’offesa
Il motivo per cui questa situazione mi infastidisce, per non dire che mi preoccupa, è che sta trasformando un termine tecnico in una offesa, col rischio che prima o poi non si possa più usare. Come è accaduto per handicap e handicappato, per mongolo o minorato. A leggerle suonano tutte come insulti, e in effetti oggi lo sono, ma un tempo erano solo parole senza alcuna accezione sfavorevole. Potrebbe accadere la stessa cosa a disabilità, oggi individuato come termine corretto ma che un giorno potrebbe essere sostituito da qualcos’altro, se nel frattempo dovesse essere usato in maniera negativa.
Assurdo che questo rischio lo corra anche un numero che indica una norma. Speriamo di non arrivare al punto da non poter più fare riferimento alla legge 104 perché sembra una offesa
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