Una disabilità comporta spesso di dover compiere gesti e azioni quotidiane in maniera differente, magari più lenta o più complessa. Sono limitazioni fisiche alle quali si cerca soluzione ma quello che davvero mette alla prova sono gli ostacoli esterni, le barriere fisiche, mentali e sociali in cui si inciampa quasi ogni giorno. Per esempio, il connubio disabilità e concerti è ancora un terreno di scontro aperto.
Chi è disabile metterà in atto una serie di comportamenti legati alla propria condizione, organizzando il trasporto o l’assistenza, fino a essere pronto. Solo che quando sembra fatta ci si scontra con le difficoltà, a volte assurde, nel poter riservare un posto disabili.
L’ennesima esperienza – negativa – in tal senso l’ha raccontata su Instagram Paolo Tricomi, (paola.tricomi) ricercatrice dell’Università Stranieri di Siena, che si è ritrovata in una battaglia burocratica/sociale solo per riuscire ad assistere un evento, il “Tributo a Ennio Morricone” in calendario il 10 agosto a Taormina.
Se qualcuno non conosce il brivido di buttarsi nell’avventura di prenotare un posto disabili, ha ora la possibilità di scoprire quanto può diventare un percorso a ostacoli.
Una volta di più, la dimostrazione che accessibile non significa inclusivo.
Le cose semplici rese complicate
Per andare a un concerto, uno spettacolo teatrale o al cinema nell’era si internet basta collegarsi al sito web e pagare online. Questo però se non sei disabile. Accordare disabilità e concerti richiede infatti una procedura è più complessa, con almeno un paio di email e spesso qualche telefonata. E come se non bastasse, talvolta nemmeno così si arriva al risultato.
Paola conosce il meccanismo e quindi lo ha attuato. Ha acquistato un biglietto per il suo accompagnatore e poi scritto via email per avere indicazioni precise sulle modalità di accessibilità. L’email però oggi non va più bene, serve Whatsapp; così Paola ripete tutto un’altra volta e, come richiesto, mostra documento di identità e verbale della legge 104 (sì, se qualcuno se lo sta chiedendo, bisogna mostrarlo quasi ogni volta, perché il posto per disabili è solitamente dato gratuitamente).
A quel punto sorgono i problemi. Per Paola soprattutto, visto che per l’organizzazione sembra tutto sia posto. L’unico piccolo dettaglio, dicono, è che l’accompagnatore non potrà starle vicino perché lei ha comprato un biglietto della tribuna e da lì l’area prevista per i posti disabili non è raggiungibile. Serve un biglietto gold, e basta il nome per capire che c’è una sostanziale differenza di prezzo.
Paola comunica che, data la sua condizione, non le è possibile stare sola, né può acquistare un biglietto di fascia alta. Ecco la concretizzazione di quanto detto a inizio articolo: non è la disabilità a mettere in difficoltà Paola ma gli ostacoli esterni.
Perché l’organizzazione non le viene incontro in alcun modo con altre soluzioni. Per stare vicino, serve un biglitto gold. Non hanno previsto alternative, il che significa in prima battuta che non hanno previsto una zona accompagnatori per le persone disabili; in seconda battuta, che non hanno ipotizzato questo scenario nemmeno quando il problema si è presentato.
La limitazione nella scelta
Una volta di più emerge chiaramente che chi ha una disabilità e assiste a un evento ha limitate (per non dire inesistenti) possibilità di scegliere la zona in cui vuole mettersi. A volte dipende dalla conformazione stessa dell’edificio, soprattutto se è storico, e questo è facile da comprendere e da accettare. Altre volte la zona disabili è posizionata in spazi ristretti e laterali, tanto che è anche difficile comprendere su quali basi siano stati individuati; in queste situazioni a ogni lamentela si tira in causa la famigerata “sicurezza”, sempre protagonista negli “scontri” fra disabilità e concerti.
In questo caso invece ci si scontra su una questione economica. Per poter stare vicino, l’accompagnatore (che sia un amico, un parente o l’assistente personale non conta) deve per forza comprare il biglietto più costoso. Eppure è chiaro che non si trattai di una libera scelta personale ma di una indiretta imposizione. Come è possibile che non si tenga conto del diverso punto di partenza?
Inoltre, da sottolineare che nulla di tutto ciò era indicato nel sito, in modo che se ne potesse tenere conto prima della prenotazione. Di nuovo, la motivazione più probabile è che semplicemente nessuno ci abbia pensato.
Disabilità e concerti: davvero basta la gratuità?
Il post di Paola ha avuto anche una risposta ufficiale dell’organizzatore dell’evento. Per quanto il testo sia anche parecchio lunga, la quantità di enunciazioni non sembra vada di pari passo con la cognizione del problema. In particolare, il responsabile dell’organizzazione ha voluto precisare che nessuna legge obbliga a prevedere la gratuità per i posti disabili, eppure loro lo hanno fatto.
Davvero basta questo per risolvere la questione? Ci sarebbe molto da dire su questo argomento, ma limitandosi al caso specifico è evidente che se il biglietto e gratuito ma l’accompagnatore paga un prezzo alto, a conti fatti la convenienza è venuta meno.
Soprattutto, quello che colpisce nella risposta è la volontà di sottolineare come l’organizzazione sia aperta verso i “portatori di disabilità” (citazione), per cui si è predisposta oltre alla gratuita anche un serviizio di traduzione in lingua dei segni.
Sembra però sfuggire che questi accorgimenti non dovrebbero essere considerati un plus perchè ci si dichiara sensibili verso la disabilità, ma semplici atti di concreta inclusione sociale. Si dovrebbero realizzare non tanto perché considerati socialmente giusti ma in quanto utili all’obiettivo, ovvero rendere un evento fruibile da qualsiasi cittadino.
Il timore però che è questo sia un passaggio di ragionamento che a molti ancora sfugge.

Elisa Bortolini
Giornalista professionista dal 2012 e scrittrice. Ho fondato il marchio editoriale Storiecocciute nel 2021, cominciando a raccogliere biografie di persone note e comuni con disabilità che avevano un elemento in comune: sono riusciti a superare le basse aspettative della società realizzando quello che gli altri ritenevano fosse impossibile.

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