“Scegliere” l’insegnante di sostegno… davvero la legge dice questo?

Il DDL Semplificazioni riguarda anche la scuola e ha introdotto una norma che, secondo alcuni, permetterebbe alle famiglie di scegliere l’insegnante di sostegno; qualcuno addiittura parla di “chiamata diretta”.

E’ intervenuto modificando l’art. 14 comma 3 del decreto 66/17 (Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità) che ora appare così::

«Al fine di agevolare la continuità educativa e didattica (…) nel caso di richiesta da parte della famiglia, e valutato, da parte del dirigente scolastico, l’interesse del discente, nell’ambito dell’attribuzione degli incarichi a tempo determinato (…) al docente in possesso del titolo di specializzazione per l’insegnamento agli alunni disabili può essere proposta la conferma, con precedenza assoluta rispetto al restante personale a tempo determinato, sul medesimo posto di sostegno assegnatogli nel precedente anno scolastico, fermi restando la disponibilità del posto, il preventivo svolgimento delle operazioni relative al personale a tempo indeterminato e l’accertamento del diritto alla nomina nel contingente dei posti disponibili da parte del docente interessato.

La chimera della continuità educativa

Traduciamola in termini più semplici con un esempio pratico. In una classe è assegnato un dicente di sostegno con incarico a tempo determinato, ovvero per un solo anno. Questo è un problema che ha radici antiche, che limita l’applicazione di quella continuità educativa che sarebbe prevista dalla legge; un problema oltreutto particolarmente sentito quando si parla di sostegno.

Per favorire il principio della continuità, il nuovo DDL prevede che la famiglia possa chiedere di avere lo stesso insegnante di sostegno per un altro anno e, in tal caso, il docente debba avere precedenza rispetto ad altri insegnanti sempre a tempo determinato.

Una richiesta che, come è specificato, deve passare al vaglio del Dirigente e che vale solo al netto di alcune condizioni, una delle quali è lo svolgimento delle operazioni per il personale a tempo indeterminato. Insomma, se deve arrivare un docente di ruolo arriverà di sicuro non resterò quello precario. Ma se invece dovesse arrivare un altro supplente con contratto a termine, perché non può essere lo stesso dell’anno precedente?

Qui entrano in gioco questioni relative alle graduatorie e ai punteggi e questo sistema, come sembra a sentire le polemiche, potrebbe far saltare i conti e creare ingiustizie.

Nessuna famiglia sceglie l’insegnante di sostegno, fa solo una richiesta

Personalmente non sono in grado di valutare se e quanto questa situazione dovesse impattare sulla questione delle graduatorie, ma certo non mi sembra che si tratti di una “chiamata diretta” da parte della famiglia nè che i genitori possano “scegliersi” l’insegnante. Intano perché non ha a disposizione un “catalogo” ma al massimo può provare a chiedere di avere lo stesso docente per due anni di fila. E se magari ne ha già cambiato 4 in due anni– situazione più frequente di quanto dovrebbe accadere – la richiesta mi sembra anche piuttosto comprensibile.

Inoltre mi chiedo: fatti salvi i diritti doverosamente degli insegnanti e le regole per la graduatorie, i diritti degli studenti quando arrivano? Dovvero l’unica soluzione che si trova è quella di continuare a cambiare il docente di sostegno (anche gli altri, ma per costoro capita più spesso) continuando a dare incarchi annuali a tempo determinato piuttosto che riuscire almeno ad avere lo stesso docente per due o tre anni?

E poi anche per il docente sarebbe una situazione vantaggiosa, perché significa poter continuare un percorso già impostare, nello stesso ambiente e con gli stessi colleghi.

Cambiare insegnante: quando l’eccezione rischia di diventare regola

Certo la soluzione sarebbe avere docenti di ruolo per ogni materia, che cambiano quando vanno in pensione o quando chiedono un trasferimento. Insomma il cambio di insegnante dovrebbe essere l’eccezione dovuta ai normali mutamenti della vita, non una quasi regola dovuta a un sistema che da troppo tempo è fallace nel rispondere a quello che è uno dei principi che si è auto imposto, quello appunto della continuità educativa.

Nessuno vuole sostituire una ingiustizia – la mancanza di continuità – con un’altra – la confusione nella gestione delle graduatorie – ma nemmeno lasciare lo status quo perché, lo abbiamo visto, non funziona. Forse si potrebbe applicare una norma che operi per il bene dell’alunno e, contemporaneamente, occuparsi dei meccanismi burocratici in modo che non penalizzino nessun lavoratore.

Impossibile? Quasi tutto sembra impossibile, finché con un po’ di impegno non si riesce a farlo.


Elisa Bortolini

Giornalista professionista dal 2012 e scrittrice. Ho fondato il marchio editoriale Storiecocciute nel 2021, cominciando a raccogliere biografie di persone note e comuni con disabilità che avevano un elemento in comune: sono riusciti a superare le basse aspettative della società realizzando quello che gli altri ritenevano fosse impossibile.

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