Sonia: una mamma disabile non è cosa di un altro pianeta

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Sonia Veres ha 17 anni e una gran voglia di essere indipendente. La vita in famiglia le va stretta. Sua mamma tende a essere un po’ troppo protettiva; fatica a vederla come una adulta. Una caratteristica comune a tante mamme, che si amplifica quando il figlio appare ai loro occhi più fragile. 

Sonia ha la Sma di tipo 3una malattia neuromuscolare che provoca debolezza agli arti e difficoltà di movimento. Per muoversi usa il deambulatore in casa e una carrozzina manuale quando è fuori. Ma nulla di questo modifica i suoi piani. 

E’ il 2000, Sonia diventa maggiorenne e realizza il suo progetto. Si trasferisce in una casa famiglia, gestita da un’associazione che si occupa di persone con Sma e distrofia muscolare. Trova lavoro nella pubblica amministrazione, all’ospedale di Genova, la sua città.

Il tempo libero lo dedica principalmente allo sport. 

Gioca a Powerchair Hockey, l’hockey adattato a chi si muove su una carrozzina. Milita per anni nella squadra di Genova, arriva fino in nazionale. Con la sua squadra, viaggia moltissimo per gare di campionato e tornei, in tutta Italia e gran parte dell’Europa. Incontra tante persone; giocatori, allenatori, tifosi e dirigenti. Durante un torneo a Praga, incontra anche Francesco. Francesco non è un giocatore, non usa la sedia a rotelle. Ha conosciuto questo sport accompagnando un suo compagno di classe disabile. Si è appassionato, ed è entrato nel team Powerchair di Monza.

Sonia è portiere della nazionale, Francesco è un dirigente volontario. Lei è di Genova, lui di Monza.

Ma la distanza non può impedire il nascere di un amore. Sonia e Francesco cominciano a frequentarsi, e dopo qualche anno decidono di sposarsi.

Come ogni coppia, devono cercare casa; prima ancora, valutare dove stabilirsi. Scommettono su loro stessi, sulla loro autonomia. Puntano sul lavoro di Francesco. Sonia lascia Genova, Francesco lascia Monza. Si trasferiscono a Peschiera Borromeo, alle porte di Milano, a pochi chilometri dall’ufficio di Francesco. Per qualsiasi emergenza, lui può essere a casa in pochi minuti.

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Sonia è contenta di andare a vivere a Milano. E’ sempre stata attratta dal capoluogo lombardo, che nella sua idea offre migliori opportunità. La immagina più aperta, più accessibile. 

Ma la realtà non è alle altezze delle aspettative.

Milano è sì una città diversa da Genova, ma non tutto funziona meglio. Sonia scopre, per esempio, che i Progetti di Vita indipendente in Lombardia sono riservati a coloro che vivono soli con un badante. Se hai un familiare che ti aiuta, non ne hai diritto. L’idea che una persona con disabilità convoli a nozze, forse non è nemmeno contemplata. L’assistente sociale, quando si incontra per un primo colloquio, si commuove a sapere che Sonia si sposa. Come se fosse una cosa di un altro pianeta. 

Anche sul fronte professionale, Sonia non vede la strada spianata come sperava. Però le cose non vanno male, e trova occupazione al Centro clinico Nemo. L’unico problema è la distanza: ci vuole quasi un’ora di auto da casa all’ufficio. Questo significa che gran parte delle ore di assistenza sono dedicate a questo. Sonia non ha parenti vicino, e i familiari di Francesco lavorano durante il giorno. Ma con un po’ di organizzazione e la volontà di essere indipendenti, vivono felici.

E’ il 2017. Sonia fa un test di gravidanza e appaiono le due linee rosse. E’ incinta. L’idea di un bambino l’aveva sfiorata in passato, ma le era sempre sembrato tutto troppo complicato. Ma ora, è arrivato. All’inizio si sente persa; per fortuna, al centro Nemo trova sostegno. E poi, si butta nella ricerca online, per confrontarsi con altre mamme nelle sue condizioni in tutto il mondo.

La gravidanza va benissimo, e alla fine nasce la splendida Leila. All’inizio le cose sono complicate. La prassi sanitaria prevede che le donne con disabilità gravi partoriscano con taglio cesareo pre termine. Sonia non era pronta a vedere la sua bimba in terapia intensiva. Sono due settimane di ansie, ma tutto va per il meglio, e poco dopo sono a casa. 

Un neonato richiede cure continue, un contatto continuo. Sonia si trova a dover delegare tutte quelle mansioni che le sue condizioni non le permettono di fare: vestire Leila, cambiarla, prepararle il latte. 

Quando vanno fuori, non riesce a spingere il passeggino. Spesso l’aiuta sua cognata, spinge lei la carrozzina. Le persone per strada si fermano ad ammirare Leila, fanno i complimenti. Alla zia però. Danno per scontato che chi spinge il passeggino sia la mamma, e la donna sulla sedia a rotelle una amica. Sonia spesso ci soffre. Le sembra quasi di essere una aliena.

Ma l’esperienza insegna tanto. E vale la pena di condividerla. Avendo avuto l’aiuto e i consigli da altre mamme in rete, Sonia decide di fare lo stesso con chi, come lei, dovesse sentirsi un po’ persa. Apre il blog “Mamma a bordo”, per parlare di maternità, accessibilità, assistenza, e una pagina Facebook. La chiama “Qui non è Marte”. Per far capire che, in fondo, la sua vita non è cosa di un altro pianeta. 

Descrizione immagini

Prima immagine: Sonia e Leila al tavolo di PizzAut. Sonia, sulla sinistra, indossa una maglia grigia e una sciarpa azzurra. Leila ha una giacca scozzese con bottoni rossi e indossa gli occhiali da sole; tiene a mezz’aria la forchetta. Tutte e due guardano l’obiettivo. Sullo sfondo altri tavoli e altri clienti.

Seconda immagina: Leila, Sonia e Francesco. Francesco è sulla destra, insomma una t shirt; è in piedi leggermente curvato. Sonia è al centro, sulla carrozzina, con Leila In braccio. Dietro a loro i rami di un albero a fare da cornice.